L’urgenza di intervenire per la riduzione degli effetti dell’inquinamento ambientale sui rapidi cambiamenti climatici del pianeta prima che questi diventino irreversibili ci spinge a ripensare e rivalutare l’impego di molti scarti delle attività agricole e di trasformazione dei prodotti alimentari al fine di ottimizzarne il loro utilizzo.
Nuovi materiali dalla natura
All’interno di questa ricerca vanno a inserirsi le biomasse provenienti da trasformazioni di prodotti agricoli o dalla semplice raccolta degli stessi, spesso poco valorizzate o addirittura semplicemente bruciate o interrate direttamente sui terreni agricoli di coltivazione.
Un occhio di riguardo va alla filiera degli scarti di oleificazione, in particolare a quelli ottenuti dalla spremitura delle olive.
La parte di minor interesse degli scarti è sempre stata la foglia, che viene separata dalle olive post raccolta e pre-spremitura, il cui destino era ed è ancora di frequente, la semplice distesa negli appezzamenti agricoli quali ammendante naturale.
Oggi, assieme all’acqua di spremitura e lavaggio e alla sansa, che insieme costituiscono quasi il 70% della massa raccolta negli oliveti, attraverso procedimenti del tutto biologici ed eco compatibili, è possibile estrarre conveniente da questa biomassa una gamma di elementi.
Come già alcuni sanno, dalla sola sansa si può procedere al recupero di una percentuale residua di olio oltre a un importante quantitativo di polifenoli e altri microelementi che sono richiesti dall’industria farmaceutica per la nutraceutica e la cosmesi.
Quello che rimane oltre a un’acqua idonea per l’irrigazione o l’abbeveramento animale, è una massa fibrosa, da cui sono stati tolti tutti gli elementi “di valore”, che a questo punto può essere facilmente utilizzata, in quanto secca, come combustibile solido, oppure ad integrare altri scarti agricoli per la produzione di biogas nei classici biodigestori.