Il successo del silicone

In un contesto in cui le aziende sono sempre proiettate alla ricerca di materiali nuovi che diminuiscano i costi della produzione e incontrino il favore del mercato, ce n’è uno che è insolitamente longevo e che da oltre cento anni ha successo in ambiti diversi: il silicone. Può sembrarci l’epitome della modernità, ma la prima sintetizzazione del silicone risale addirittura al 1907.

Un jolly per il mondo delle industrie

Non solo protesi al seno ergonomiche e anallergiche: il silicone è utilizzato in campo medico anche come rivestimento di materiali che, altrimenti, potrebbero darci reazioni anafilattiche: dalle siringhe alle suture agli arti prostetici.

Eppure alla maggior parte delle persone il silicone non fa venire in mente le protesi al seno ergonomiche, quanto piuttosto i tubi di gel da usare per le guarnizioni di sanitari e finestre (per fare un esempio pratico). Il successo del silicone è legato proprio alla sua versatilità: è presente quasi in ogni ambiente dove viviamo, sia come materiale da costruzione che come componente di oggetti di cui ci serviamo abitualmente.

Lo troviamo negli utensili da cucina, nei giocattoli dei nostri bambini, nei cosmetici – merito della sua composizione derivata da due degli elementi chimici più presenti sul pianeta Terra (nostro corpo compreso), vale a dire silicio e ossigeno.

Gli speciali siliconi per la medicina

Proprio la grande abbondanza di questi ultimi lo rende un materiale economico, seppur con delle eccezioni. Infatti non si può dire che lo siano tutti i tipi di silicone, come ad esempio gli elastomeri, versioni per lo più “bio” di questo materiale utilizzati in ambito medicale. Quindi, per le già citate protesi al seno ergonomiche ma anche per gli anticoncezionali, per conservare plasma o altri liquidi organici, come sigillante negli equipaggiamenti dello staff medico e in altri oggetti di uso comune in ospedale o in farmacia.

Il costo maggiore è legato proprio alla sicurezza dei materiali, che devono essere anallergici al 100%: una recente sentenza ha vietato il loro uso nell’organismo se non sotto forma di impianti, proprio per aumentare il livello di sicurezza. Si pensi al Far West di anni ’70 e ’80, quando il silicone liquido, anche di provenienza industriale, veniva iniettato nelle parti del corpo da “migliorare”. Le conseguenze potevano essere certe volte drammatiche.

Per fortuna oggi il silicone viene utilizzato con cognizione di causa, da chirurghi e medici scrupolosi.

Nel caso foste interessati ad approfondire la possibilità di un impianto in silicone, il consiglio è di rivolgersi solo a chi usa i materiali proposti dai leader del settore: per la mastoplastica additiva, gli impianti di Motiva sono i più indicati e i più popolari in Europa, grazie a un altissimo livello di qualità che ha attirato attorno a questo colosso medicale alcuni dei luminari nell’ambito della chirurgia plastica: protesi al seno ergonomiche sì, ma solo se in totale sicurezza.

Cemento al grafene, la resistenza e la durevolezza di uno dei composti più innovativi del momento

L’approccio all’uso di nuovi materiali nell’edilizia passa spesso attraverso la sperimentazione di assolute novità scientifiche.

È di questi giorni la notizia data con ampio risalto dell’inizio dell’uso del grafene in cemento ed asfalto già in corso di utilizzo “in opera” nel Regno Unito.

Il grafene, spesso indicato come materiale del futuro, altro non è che una delle diverse forme in cui si presenta il carbonio, tra cui la graffite delle mine delle matite o il diamante. Trova impiego abbinato a molti materiali e nel cemento si propone come soluzione a diversi e annosi problemi oltre che ad apportare miglioramenti meccanici e chimico-fisici.

Tutti i vantaggi del grafene

La mescola, che contiene quantità infinitesimali di grafene (si ritiene non più del 0,05% in peso), consente di incrementare le prestazioni strutturali del cemento ben oltre il 30% rispetto all’attuale, consentendo un risparmio in termini quantitativi a parità di resistenza richiesta, con riduzione dei pesi delle strutture e dei relativi costi.

Lo stesso dicasi per quanto attiene all’apporto di tondini all’interno del calcestruzzo, che viene così ridotto, influendo anche sulla durata dello stesso, poiché il grafene grazie alle sue caratteristiche di antistaticità riduce le correnti vaganti nell’armatura metallica del calcestruzzo e quindi la formazione di ruggine con conseguente distacco del cemento dal tondino stesso.

La idrofobicità del grafene e la sua resistenza agli acidi, associata all’effetto schermo della radiazione solare, riducono considerevolmente i danni del tempo cui è normalmente sottoposto il calcestruzzo, impedendo le fessurazioni dovute all’aggressione degli agenti atmosferici con conseguente penetrazione dell’acqua nella struttura del calcestruzzo.

L’associarsi di tutte queste caratteristiche migliorative offrono ai costruttori validi motivi per passare rapidamente dai vecchi additivi fin qui usati per rispondere a queste problematiche ed utilizzare le malte al grafene, poiché esso si pone anche come elemento totalmente naturale, il cui uso riduce di molto anche l’emissione di CO2 associata alla produzione e messa in opera del cemento e del calcestruzzo.

Il suo utilizzo nelle malte per intonaci diminuirà la necessità di applicare alle facciate degli edifici coperture in materiali derivati dagli idrocarburi quali stireni e schiume varie usate come coibentanti, fino ad eliminarli del tutto, con grande vantaggio per la salute di tutti noi oggi minacciata anche dalle esalazioni di idrocarburi volatili cancerogeni che vengono generati da questi sistemi “ a cappotto”.

La conducibilità termica dei cementi al grafene consentirà di utilizzare sistemi di riscaldamento a pavimento più efficienti, con spessori più ridotti che andranno ad incidere nel risparmio complessivo strutturale ed impiantistico delle nuove costruzioni, mentre potranno dare soluzione anche alla ristrutturazione di vecchi edifici non dotati di moderni sistemi di climatizzazione.

Da Manchester a Varsavia, passando per molti laboratori di ricerca, si sta scrivendo il futuro dei nuovi materiali edili ecologici e necessari per il controllo del climate change: il grafene è uno di questi!

Fullerene, cos’è questa particolare forma di carbonio

Alcuni dei nuovi materiali che stanno diventando più comuni nel campo industriale provengono dalle profondità dello spazio e solo in questi anni sono stati realizzati artificialmente nei nostri laboratori per poi passare alla produzione di massa.

I fullereni rappresentano un valido esempio perché sono scoperti per la prima volta nello spazio profondo nella nebulosa TC1.

Cos’è il fullerene

Il fullerene è un diverso stato di aggregazione delle molecole di carbonio, presente pure sulla Terra, come diamante e grafite, la sua forma molecolare ricorda le cupole geodetiche: da qui deriva il suo nome, associato a quello dell’architetto padre del design delle cupole geodetiche Richard Buckminster Fuller.

L’atomo di carbonio è un esagono che qui si dispone in un poliedro semi regolare o icosaedro troncato, che va poi a costituire nanotubi che ne esaltano le caratteristiche di superconduttività.

Tutta la ricerca sui fullereni si è concentrata proprio su questo importante aspetto legato alla superconduttività a temperatura ambiente, impiego che rivoluzionerebbe il mondo del trasporto dell’energia elettrica, oggi penalizzato da perdite fino al 70% dell’energia immessa in rete dovute dai conduttori a base rame che si manifesta sotto forma di calore che viene disperso.

>Altre potenziali applicazioni riguardano l’additivazione degli olii lubrificanti con fullerene, al fine di migliorarne le caratteristiche di dispersione termica e resistenza meccanica, in specie in tutte quelle applicazioni speciali dove adesso si utilizza grafite o litio in addizione.

Come molti altri materiali innovativi anche il fullerene non trova applicazioni “pure”. Vale a dire che a oggi non è immaginabile poterlo impiegare da solo ma deve sempre essere associato ad altri elementi, per lo più in proporzioni estremamente ridotte, al di sotto del 10% in peso, cosicché se ne possa giustificare anche l’uso pur essendo un materiale ad altissimo costo di produzione.

Purtroppo mentre per altri materiali come la perowskite la ricerca ha portato in tempi relativamente brevi alla possibilità di industrializzare i processi produttivi, rendendo accessibile alle aziende interessate l’approvvigionamento, per i fullereni la possibilità di giungere ad una scalabilità industriale dei processi di produzione sembra ancora lontana.

Viste le potenziali applicazioni anche in campo medico per lo sviluppo di terapie di cura per malattie quali l’HIV, la possibilità di agire come emoassorbente o antivirale, specie in questi tempi di pandemia, la ricerca è fortemente stimolata e l’arrivo di capitali freschi dai piani di resilienza attivati dai diversi governi del mondo daranno di sicuro nuovo impulso a quanti si stanno dedicando alla soluzione di problemi di produzione.

La rivoluzione fotovoltaica

Nel mondo dei materiali industriali di nuova generazione si sta facendo strada una piccola rivoluzione nel settore del fotovoltaico grazie alla perovskite.

La necessità di migliorare le rese di trasformazione dell’energia solare in energia elettrica ha spinto la ricerca su nuovi materiali ed il vincitore ad oggi sembra essere questo titanato di calcio che deve il suo nome ad un ricercatore russo.

Alla ricerca di nuovi materiali per il settore energetico

Attualmente i rendimenti delle celle silicee sono al di sotto del 20% di conversione, mentre la perovskite si attesta verso il 25/27%, toccando in laboratorio soglie del 30% , aprendo scenari di sostituzione progressiva del silicio.

Dalla sua industrializzazione il pannello fotovoltaico non ha conosciuto rivoluzioni o migliorie significative, non rispettando la progressione geometrica nell’update tecnologico cui siamo abituati per altri prodotti quali ad esempio gli smartphone.

La perovskite ha portato l’industria di settore a una forte spinta mirata al cambiamento: grandi impianti di produzione sono già in corso di realizzazione e ben presto ne vedremo l’utilizzo su larga scala di questi nuovi pannelli ad alto rendimento.

La necessità di miglioramento del rapporto di conversione è assoluta, in quanto non è pensabile per il futuro l’occupazione di grandissimi spazi, pur se incolti, per la realizzazione di campi fotovoltaici. La recente escalation degli impianti flottanti trova una limitazione negli specchi d’acqua disponibili ed adeguati, che devono essere per forza non marittimi o soggetti a moto ondoso rilevante. Gli edifici rimangono quindi le location ideali per i pannelli fotovoltaici ed è necessario che la loro efficienza in rapporto alla superficie occupata sia massima.

Poter contare quasi su un raddoppio delle produttività consentirà anche alle piccole realtà che non dispongono di tetti ben orientati o solo di facciate illuminate dal sole di poter accedere a questa fonte di energia davvero infinita e con uno strumento di minor impatto ambientale rispetto alle “vecchie” celle al silicio.

Idrogeno: una nuova giovinezza

Nel panorama delle materie prime energetiche fa un nuovo ingresso trionfale l’idrogeno, spesso utilizzato durante la Seconda guerra mondiale dalle economie autarchiche tedesca e italiana come soluzione energetica in mancanza di idrocarburi fossili disponibili.

La necessità di offrire al mondo soluzioni di bassissimo impatto ambientale, rispettose delle nuove normative sulle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, ha spinto le grandi aziende a riscoprire i vantaggi dell’idrogeno.

Tra queste Ineos, azienda con sede in United Kingdom, con collaborazioni che si dipanano tra Finlandia, Germania, Francia ed altri Paesi Europei, si propone l’obiettivo di realizzare impianti che, sfruttando a pieno l’elettricità fornita dalle fonti rinnovabili, con particolare riferimento all’eolico installato ed in corso di installazione nel nord Europa, per produrre idrogeno con la “vecchia” elettrolisi. Ad oggi si contano investimenti per oltre 2 miliardi di euro.

È noto che l’idrogeno è il combustibile con la maggiore efficienza energetica, dalla cui combustione non si libera anidride carbonica ma innocuo vapore d’acqua, così com’è noto che sia anche un gas difficile da maneggiare, stoccare e gestire in genere.

Le sue applicazioni sono prevalentemente legate alla combustione tradizionale in caldaie o motori a scoppio ed alle celle a combustibile, che ne trasformano l’energia chimica in energia elettrica direttamente.

Vetro, da sempre elemento amico dell’uomo

Primo materiale “sintetico” che l’uomo è riuscito a padroneggiare, relegato per secoli a funzione decorativa ed artistica, vede nei progressi delle tecniche di realizzazione e nell’utilizzo di nuovi materiali combinati la sua eterna giovinezza.

Dalle prime minuscole finestre, che lasciavano trasparire fioche luci attraverso lastre traslucide, il vetro ha fatto passi da gigante.

Una storia lunga quanto quella dell’umanità

Passi che lo hanno portato fino ad offrire ai nostri astronauti la possibilità di ammirare la Terra e l’Universo dalle loro navicelle orbitanti attorno al pianeta, garantendo la loro sicurezza e protezione dagli agenti esterni ed impedendo la fuoriuscita dell’atmosfera contenuta all’interno dei loro velivoli.

La finestra che un tempo serviva a dar luce agli interni e contenere gli eccessi meteorologici all’esterno degli edifici oggi è importante e complesso elemento strutturale degli stessi.

L’abbinamento con materiali ultraleggeri e ultraresistenti per poterli incorniciare e innalzare fino alle vette del Burj Khalifa o delle torri di Kuala Lumpur ne fa un elemento imprescindibile nella costruzione degli skyscraper che costellano le odierne megalopoli. Dal suo primo utilizzo in un grattacielo di Chicago a oggi ne ha fatta di strada!

Dalla scoperta dell’ossidiana alla produzione dei vetri termici, siamo arrivati anche a usarlo per vere e proprie strutture totalmente in vetro.